(Regno Unito/2020) di Aleem Khan (89')
Regia: Aleem Khan
Interpreti: Joanna Scanlan, Nathalie Richard, Talid Ariss, Nasser Memarzia
Origine e produzione: Regno Unito, Francia / Matthieu de Braconier, Gabrielle Dumon, The Bureau, BBC Films
Durata: 89’
Premio BAFTA 2022 a Joanna Scanlan come migliore attrice protagonista. Nella città costiera di Dover, nel sud dell'Inghilterra, Mary Hussain si ritrova vedova dopo la morte inaspettata del marito Ahmed. Il giorno dopo il funerale, scopre che l'uomo nascondeva un segreto a soli 34 km di distanza, dall'altra parte del canale della Manica, a Calais.
“Uno dei pregi del primo lungometraggio di Aleem Khan, passato due anni fa alla Semaine de la Critique di Cannes, è proprio una sceneggiatura che dosa i colpi di scena, gli eventi e le reazioni tra i personaggi. La storia procede attraverso pochissimi dialoghi, attraverso brevi scene in cui, quasi senza che ce ne accorgiamo, accade sempre qualcosa, e con una regia di sorprendente maturità per un'opera prima, che usa il formato orizzontale sistemando i personaggi smarriti negli ambienti o seguendoli con leggeri movimenti di macchina. Colpisce la visione di fondo, piena di umanità verso i personaggi, che ricorda certi lontani film di Mike Leigh. E su tutto domina la straordinaria interpretazione di Joanna Scanlan, nota in Inghilterra soprattutto come attrice televisiva, con un corpo ingombrante e occhi celesti chiarissimi, che esita continuamente, lavora per piccoli sguardi e qualche gesto improvviso, e conquista dalle prime immagini. Uno di quei film in cui alla fine ci sembra davvero di aver conosciuto i suoi protagonisti, e di capirli.”
Emiliano Morreale, “La Repubblica”
“Quando vede un costone della scogliera sfarinarsi davanti ai suoi occhi e precipitare in mare, Mary ha un sussulto. Capisce che quel cedimento è anche il suo. La donna, magnificamente interpretata da Joanna Scanlan, ha appena perso il marito al quale si era donata completamente, al punto da convertirsi all’Islam e cambiare nome: dal cristiano Mary al musulmano Fatima, come la figlia prediletta del Profeta Muhammad.
I nomi sono importanti in After Love: più per quello che non dicono che per quello che dovrebbero spiegare. Se Mary/Fatima mostra un’insolubile ambivalenza, appaiono semplicemente stonati quelli del fedifrago Ahmed (“l’encomiabile” in arabo) e dell’ignaro Salomon (il sapiente veterotestamentario), bizzarro quello della concubina Geneviève (Nathalie Richard), appellativo di origine celtica che significa “dalle bianche guance” e insieme nome di una delle sante più amate di Francia.
Sembra quasi che Aleem Khan, il promettente regista del film, si diverta a mischiare le carte, rivelando il bluff di tradizioni ed etimologie al tavolo della realtà. Non c’è nulla di ludico in questo approccio, che è piuttosto un metodo di conoscenza: togliere, demistificare, ricomprendere. E così anche i personaggi di questo dramma da camera tra due terre, Dover e Calais, la Gran Bretagna e la Francia, sfuggono tanto al nome quanto all’etichetta. […]
Il meccanismo della tensione è british, cioè hitchcockiano (lo spettatore sa qualcosa che gli attori in scena non sanno), ma lo svolgimento è accordato al diapason emotivo delle fragili identità in gioco, fino al prorompere del finale.”
Gianluca Arnone, “La Rivista del Cinematografo”