(The Purple Rose of Cairo, USA/1985) di Woody Allen
SOTTO LE STELLE DEL CINEMA - OMAGGIO A WOODY
Ho scritto una storia basata solo su questo: l’uomo dei sogni di una donna esce dallo schermo cinematografico e lei se ne innamora. Poi compare il vero attore e lei è costretta a scegliere tra realtà e fantasia. E naturalmente una persona non può scegliere la fantasia, perché una scelta del genere può condurla alla pazzia; perciò bisogna scegliere la realtà. E quando si sceglie la realtà, si rimane feriti. Tutto qui, semplicemente. […] Uno dei piaceri dell’andare al cinema consiste nella possibilità di sfuggire alla dura realtà della vita. Vivevo a Brooklyn, e in quelle giornate estive calde e umide, in cui non riuscivi a muoverti e nessuno aveva niente da fare, c’erano centinaia di cinema nelle vicinanze, e potevi entrarci per venticinque centesimi. All’improvviso, ti trovavi in un ambiente fresco, con l’aria condizionata e il buio, e c’erano dolciumi e pop-corn. Potevi metterti a sedere e assistere a due spettacoli diversi. Vedevi i pirati e ti trovavi in mezzo al mare. E poi ti ritrovavi in un attico a Manhattan in compagnia di gente bellissima. Il giorno dopo andavi in un altro cinema e ti trovavi a combattere contro i nazisti, e nel secondo film te ne stavi con i fratelli Marx. Era una gioia totale!
Woody Allen
Ci sono almeno due, se non tre generazioni, che possono inserire la filmografia di Allen nel proprio universo culturale. La dimensione ironica e auto-ironica ha garantito l’attualità narrativa dei suoi film, persino quelli più ‘invecchiati’, mentre la solita disputa sul fatto che realizzi in fondo sempre lo stesso film è questione di lana caprina: gli appassionati dicono che invece ha sperimentato molto; gli amanti chiedono perché mai avrebbe dovuto cambiare film; gli scettici e i delusi ormai affermano di amare il cinema di Allen solo fino alla prima parte degli anni Ottanta. Una delle cose che ha reso Allen molto famigliare al suo pubblico (certamente istruito e culturalmente attrezzato, ma non esclusivamente elitario) è la sensazione che sia più o meno sempre se stesso, davanti e dietro la macchina da presa […]. Il gioco tra testo e contesto, tra vita reale, idiosincrasie e personaggi scritti o interpretati, ha fatto di Allen un’icona che si è meritata persino un fumetto. La psicanalisi, le donne, le fobie, la nevrosi, la cinefilia, l’ebraismo, tutte cose che ormai conosciamo a menadito e che ogni volta riescono a suscitare in noi un’ammirazione e una condiscendenza indiscutibili. […] Come diceva Morando Morandini, dai film di Woody Allen abbiamo la sensazione di uscire più intelligenti di quando siamo entrati.
Roy Menarini