(Italia-Francia/2022) di Mario Martone (118')
Regia: Mario Martone
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Tommaso Ragno, Francesco Di Leva, Aurora Quattrocchi, Sofia
Essaïdi, Salvatore Striano, Nello Mascia
Origine e produzione: Italia, Francia / Luciano Stella, Roberto Sessa, Maria Carolina Terzi, Carlo Stella,
Picomedia, Mad Entertainment, Rosebud Entertainment Pictures
Durata: 117’
Dopo quarant'anni di lontananza Felice torna lì dov'è nato, il rione Sanità, nel ventre di Napoli. Riscopre i luoghi, i codici del quartiere e un passato che lo divora. Così, invece di fare ritorno al Cairo dove lo aspetta la compagna, Felice resta a Napoli, in attesa dell'incontro con l'amico di un tempo, Oreste, diventato un criminale.
“Un ritorno. È questo il movimento intorno al quale Mario Martone costruisce il suo nuovo film rivolgendosi a Ermanno Rea e al suo ultimo romanzo di cui il film conserva il titolo, Nostalgia (Feltrinelli) anch’esso un ritorno dello scrittore napoletano nella propria città, dopo la scelta di vivere a Roma. Napoli è personaggio come coloro che la abitano, la vivono, l’attraversano, immersi in quell’atmosfera dove «tutto è sempre uguale» come dice il protagonista, Felice (Pierfrancesco Favino) tornato lì dopo una vita intera, quarant’anni passati all’estero, in Egitto, dove ha una moglie amata e un agio economico. Delle sue origini ha perduto tutto, persino la lingua, ha uno strano accento «straniero» senza però una vera identità che gli altri, i napoletani, fanno fatica a capire.
Quelle strade, gli odori, i sapori dei cibi, i rumori dei motorini con gli scappamenti aperti che si inerpicano nei vicoli si sovrappongono a immagini lontane, al sé stesso ragazzo che correva fiero sulla Gilera rossa. Si sentivano invincibili lui e l’amico di sempre, Oreste, più determinato nella via criminale da percorrere, che tutti temevano già allora, e che oggi chiamano ‘O Malommo, temutissimo boss della Sanità e nemico di quel prete (Francesco Di Leo) che combatte la camorra e il «vuoto» delle istituzioni. Che cerca allora Felice? Cosa esprime quella sua «nostalgia» che più di un rimpianto sembra nutrirsi del bisogno di riavvolgere i nastri del tempo nell’impossibile tentativo di colmare dei vuoti?
C’è la madre intanto che è povera, anziana, malata, confinata in un «basso», gli fa male pensare di averla abbandonata alle tempeste della vita: di lei si vuol prendere cura almeno ora in questo ultimo suo scorcio di tempo […]. Poi c’è appunto l’ex-amico, potente e temuto (Tommaso Ragno) che nessuno sa dove si nasconde, col quale condivide un segreto pericoloso che il prete raccoglie in confessione. […]
Potrebbe andarsene a quel punto. Felice invece rimane, i suoi passi sembrano cercare qualcosa che si è perduto, la giovinezza o forse le ragioni sepolte di quella cesura così violenta che gli ha impedito di guardarsi indietro. Una ostinazione che appare un mistero e che potrebbe anche costargli la vita. Ma le questioni «personali», anche le più intime, nel cinema di Martone aprono sempre altre piste, interrogano un presente e le sue ragioni senza paura di guardare nella storia e con la capacità di confrontarsi con la propria epoca – lasciandone scorrere i segni e i conflitti in filigrane mai sovrapposte. […]
Cosa racchiude allora questa nostalgia? Una storia d’amicizia e la fuga di un tradimento con i due (non) eroi che si cercano, si sfidano quasi come in un western, alla ricerca di un incontro difficile e di una impossibile riconciliazione. E anche il racconto di un cambiamento che può essere solo per uno, all’altro non è dato, è soltanto il personaggio di Felice che può forse ritrovarsi, ritrovare il quartiere e la sua lingua spostando l’asse della sua presenza in un mondo di resilienza che gli è sempre stato lontano, quello del prete e dei ragazzi che lavorano nel centro sociale, in cui si inventa una «comunità» in un momento storico e civile che ha perso la politica e il senso delle grandi battaglie collettive.”
Cristina Piccino, “Il Manifesto”