Poesia araba contemporanea

23 gennaio 2025, 18:00 @ Biblioteca Amilcar Cabral
Via S. Mamolo 24

incontro con Sana Darghmouni e Valeria Di Felice

Incontro con Sana Darghmouni e Valeria Di Felice attorno alle raccolte dei poeti Hadi Danial La testa dei tanti cappelli, Ashraf Fayadh Epicrisi, Samira Albouzedi Dalla biografia dei giorni smarriti tutte pubblicate da Di Felice Edizioni.


Epicrisi di Ashraf Fayadh, traduzione dall'arabo di Sana Darghmouni. Nonostante la dichiarata difficoltà dell’atto di scrivere, nonostante l’apparente stanchezza e noia, nonostante spazio e tempo appaiano non aver inizio o fine e il futuro assente – si parla solo di passato, brutto, arrogante e crudele e di un presente che nulla di buono offre – queste poesie trovano una via, una vita, un’armonia interiore che rende la vita degna di essere vissuta nonostante tutto. Così il poeta, dedicando i suoi versi al suo dolore (all’ulcera), sembra dichiarare che la poesia non è un reato, e nemmeno una colpa. Dalla postfazione di Sana Darghmouni

La testa dei tanti cappelli di Hadi Danial, traduzione dall'arabo di Sana Darghmouni.
Quando si leggono gli scritti di Nagib Mahfuz, premio Nobel per la Letteratura, bisogna soffermarsi un attimo a pensare prima che ci torni in mente che è egiziano. Quando si da lettura ad un poema di Nizar Qabbani o Mahmoud Darwish non si pensa quasi mai che il primo è siriano e il secondo è palestinese. Quando si sfogliano i romanzi di Mayy Ziyada o di Fatema Mernissi poco importa che sono una palestinese-libanese e l'altra marocchina. E così sarà anche per la raccolta di poesie che state per leggere. Alla poesia stanno stretti i localismi e le piccole identità nazionali. Questa è la forza della poesia, la libertà di andare oltre. Per il lettore sono tutti poeti arabi e forse la loro poesia è il vero collante che tiene ancora insieme il Mondo arabo. Voilà. Dalla prefazione di Moulay Zidane El Amrani.

Dalla biografia dei giorni smarriti di Samira Albouzedi, traduzione dall'arabo di Sana Darghmouni
Fin dai suoi inizi, le poesie di Samira, che si attorcigliava nel calderone della poesia alla ricerca di una sua identità, hanno attirato gli osservatori della storia della poesia libica. L'osservatore vede questa forte tendenza verso un testo vivace, senza eccessi in devozione poetica ai valori elevati. Laddove la questione della libertà come valore estetico e non come slogan o segno è presente in ogni testo o metafora, agisce come bambino birichino che devia dalle illusioni di una buona educazione, indicando con il dito ogni volta che scopre un elogio alla bruttezza o una pretesa mediocre, non per attirare l'attenzione, ma per fuggire con i suoi giocattoli dall'ambiente della predica, della bruttura e dei comandamenti, distruggendoli e ricostruendoli. Una poesia che si maledice o si prende beffe della poesia stessa senza rinunciare alla sua vanità nascosta. E senza rinunciare alla sua promessa di liberare la poesia e vagare in uno spazio non tracciato: «Io sono colei che vaga senza sosta seminando nella testa del mondo l'erba della poesia libera.» Dalla prefazione di Salem Alokaly.


Ashraf Fayadh è un poeta, regista, fotografo, pittore e curatore di mostre di origini palestinesi nato in Arabia Saudita il 15 luglio del 1980. È uno degli artisti di spicco ad Abha, la città in cui ha vissuto. Nell'estate del 2014, Fayadh è stato processato in Arabia Saudita per la sua raccolta di poesie (che da allora è stata ritirata dalla circolazione) Le istruzioni sono all'interno, pubblicata a Beirut nel 2008, che commenta le questioni sociali nel mondo arabo, l'esilio, l'amore, la situazione dei profughi. I tribunali sauditi lo hanno condannato a morte per il reato di apostasia e per la diffusione di idee blasfeme contro la religione e il profeta, ma dopo una grande campagna internazionale a suo sostegno e molta solidarietà da parte dell'opinione pubblica le autorità hanno commutato la pena a 8 anni di reclusione e 800 frustate. Fayadh ha scontato la pena in prigione nella città di Abha e ha ricevuto le frustate a più riprese. Epicrisi è la seconda raccolta del poeta.

Hadi Danial è nato a Latakia sulla costa siriana il 2 aprile 1956. Nel 1973 si è unito alla rivoluzione palestinese a Beirut e ha lavorato in diverse istituzioni mediatiche (nel senso di media), come la rivista Al-Hadaf (responsabile del dipartimento culturale e segretario editoriale fino al 1979) e Radio Palestina (direttore dei programmi culturali). Si è poi trasferito con la OLP in Tunisia nel 1982, dove ha lavorato come direttore del Segretariato Generale dell’Unione Generale degli Scrittori e Giornalisti Palestinesi prima che l’unione tornasse a Ramallah nel 1995. Attualmente risiede in Tunisia, dove dirige tuttora la casa editrice Diyar Edition a Tunisi. Tra le sue opere I canti del Gabbiano, Beirut 1978. Una pipa per fumare i sogni, Beirut 1982, Il sole come un’aquila anziana, Tunisi 2020.

Samira Albouzedi poetessa libica, scrive e pubblica poesie dal 1994. Ha pubblicato in giornali e riviste locali e arabe e ha partecipato a molti incontri poetici in Libia e all’estero. Sono stati realizzati vari studi e tesi di laurea sulla sua esperienza. Le sue poesie sono state tradotte in francese, inglese, italiano e portoghese. Ha partecipato a molti festival e convegni tra cui il festival Sète in Francia. Tra le sue opere: Sotto bombardamento e La porta del sogno. In corso di stampa Un fazzoletto per piangere il mondo.