dieci installazioni site specific in dieci luoghi simbolici della presenza di Pasolini a Bologna
Percorso urbano alla scoperta dei luoghi pasoliniani costruito con le immagini e le parole dell’artista.
Dalla casa natale al Liceo Galvani, dove si diplomò nel 1939, dall’Università, nella cui Facoltà di Lettere si laureò, alla Libreria Nanni sotto al Portico della Morte, dove nacque la sua passione per la letteratura, dal Portico dei Servi in cui girò Edipo Re nel 1967 a Villa Aldini, set del suo ultimo, scandaloso capolavoro, Salò o le 120 giornate di Sodoma; e ancora lo Stadio, Piazzetta Pasolini, sede dell’Archivio donato nel 2003 al Comune da Laura Betti, la ex Gam, che lo vide protagonista di una storica performance assieme a Fabio Mauri, e naturalmente Palazzo d’Accursio, ideale cuore delle celebrazioni e punto di inizio della mostra a cielo aperto, che prova a restituire ‘il Pasolini uomo e il Pasolini bolognese’.
Le tappe del percorso
0_PALAZZO D’ACCURSIO
Piazza Maggiore, 6
L’itinerario sulle tracce dei luoghi di Pier Paolo Pasolini a Bologna, inizia simbolicamente nel Palazzo che ospita, fin dall’epoca medievale, il Comune, affacciato sulla piazza che il poeta attraversa da bambino, da adolescente e poi da adulto: è infatti sulla scalinata dell’adiacente Basilica di San Petronio che Pasolini gira alcune scene finali del film Edipo re (1967). L’ingresso principale di Palazzo d’Accursio è sormontato dal bellissimo ritratto in bianco e nero realizzato nel 1975, anno della tragica morte di Pasolini, da Dino Pedriali. L’installazione continua nel Cortile d’Onore di Palazzo d’Accursio, con un altro scatto realizzato da Pedriali all’interno della Torre di Chia a Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo, che Pasolini aveva acquistato nel 1970. Il ricordo di Pasolini prende forma anche nella galleria dei ritratti di FIU, l'installazione di Innovazione Urbana Lab a Palazzo d'Accursio che ospita il volto di Pasolini tra quellii di coloro che abitano la città. Il numero 4 di via Rizzoli, a pochi passi da Palazzo d’Accursio, ospitò la sede della rivista Officina, fondata nel 1955 dallo stesso Pasolini assieme agli amici Roberto Roversi e Francesco Leonetti: un’esperienza di 4 anni profondamente radicata nel clima di vitalità culturale, sociale e politica della città.
1_CASA NATALE
via Borgonuovo, 4
Qui nasce, il 5 marzo del 1922, in quella che era all’epoca una foresteria militare nell’elegante quartiere Santo Stefano, Pier Paolo Pasolini, primogenito di Carlo Alberto, ufficiale di fanteria e della maestra Susanna Colussi. Il padre era nato nel 1892 a Bologna, figlio di Argobasto dei Pasolini dall’Onda, nobile famiglia ravennate, mentre la madre era originaria di Casarsa, in Friuli. Frequenti erano gli spostamenti di Carlo Alberto, che aveva abbracciato la vita militare: già nel 1923 la famiglia si trasferisce a Parma (e poi a Conegliano, Casarsa, Sacile, Cremona, Reggio Emilia) per poi ritornare a Bologna nel 1936 dove Pier Paolo trascorre gli anni della formazione, “7 anni, forse i più belli della mia vita”, come ebbe a ricordare. Nei confronti di Bologna Pasolini conservò intatta “la vicenda di un tempo mai inquinato dal maleficio della non-speranza” secondo le parole di Roberto Roversi. Una città nella quale non stabilì mai di fermarsi, pur ritornandovi a più riprese, la cui dolce immagine scolpita nella memoria rievoca in un articolo del 1969 sul settimanale “Il Tempo”: “Cos’ha Bologna, che è così bella? L’inverno col sole e la neve, l’aria barbaricamente azzurra sul cotto. Dopo Venezia, Bologna è la più bella città d’Italia, questo spero sia noto”. Nel 2004 sulla facciata dell’edificio fu apposta la targa commemorativa ancora oggi visibile.
2_LICEO GALVANI
via Castiglione
Nel 1936 Pasolini si trasferisce nuovamente a Bologna con la famiglia iscrivendosi al Liceo Galvani, nella classe V ginnasiale D, dove conclude nel 1937 il Ginnasio iniziato a Scandiano, vicino a Reggio Emilia. Nella primavera del 1939 frequenta la II liceale C e ottiene la licenza, sostenendo anticipatamente e in maniera brillante, nella sessione autunnale, l’esame finale.
Tra i banchi del primo Regio Liceo della città, fondato nel 1860 e intitolato nel 1865 a Luigi Galvani, Pasolini coltiva amicizie che saranno poi fondamentali nel suo percorso umano e artistico, come quella con il futuro poeta Luciano Serra. Tra i suoi insegnanti ci sono Alberto Mocchino, professore di italiano, latino e greco ma anche grande appassionato di cinema (sono proprio le novelle proposte a scuola da Mocchino che Pasolini sceglierà poi per il suo Decameron), Evangelista Valli, docente di Filosofia, noto per le sue posizioni fieramente antifasciste, e Antonio Rinaldi, giovanissimo supplente di Storia dell’Arte, che aveva destato nella classe un vivo interesse leggendo agli allievi una poesia di Rimbaud come lezione civile e voce di libertà. Renzo Renzi, altro illustre liceale di qualche anno più giovane di Pasolini, racconta un divertente aneddoto su Mario Borgatti, professore lettere di Pasolini negli anni del Ginnasio: “Il professor Mario Borgatti teneva con sé - anche nell’ultimo periodo in cui lo si vedeva camminare appoggiandosi al bastone – un taccuino nel quale aveva segnati i nomi dei suoi scolari che si erano fatti onore nella vita. Naturalmente in cima a tutti era il nome di Pasolini..”. Sono dunque gli anni della formazione e dell’incontro con la letteratura e il cinema, quest’ultimo all’Imperiale di via Indipendenza, sede di uno dei principali Cineguf d’Italia. Ma anche delle partite a pallone ai Prati di Caprara, dove si affrontano le squadre dei diversi Licei della città e dove i borghesi e i figli dei garzoni rincorrono assieme il pallone sognando di emulare il grande Angiolino Schiavio. Oggi il Liceo Galvani custodisce al suo interno la bellissima Biblioteca Galvani Pasolini, nell’ex Oratorio dei Gesuiti costruito tra il 1705 e il 1707 al primo piano della sagrestia della Chiesa di Santa Lucia: il restauro, terminato nel 2019, ne ha restituito l’elegante e luminosa bellezza.
3_UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
via Zamboni
Nel 1939 Pasolini si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, dove ritrova l’amico Luciano Serra e stringe rapporti con Francesco Leonetti, Roberto Roversi, Fabio Mauri, Giovanna Bemporad. Il Fascismo è l’ambiente nel quale gli studenti si muovono, e lo stesso Pasolini partecipa a Littoriali e raduni sportivi organizzati dal partito: ai tornei di calcio studenteschi del 1941 è capitano della squadra di Lettere. L’ambiente universitario è ricchissimo di stimoli culturali: con gli amici Leonetti, Roversi e Serra decide di fondare nel 1941 la rivista “Eredi”, omaggio del gruppo di giovani ai maestri della tradizione poetica della modernità, da Montale a Luzi a Sereni. “Eredi” non arriverà mai alla stampa per le disposizioni ministeriali sul consumo della carta, ma gli aspiranti poeti non demordono e decidono di stampare i primi volumetti di poesia a loro spese. Così, grazie all’aiuto di Mario Landi, libraio di Piazza San Domenico, nel 1942 esce Poesie a Casarsa, con la dedica al padre, che ottiene parole di incoraggiamento da parte di Gianfranco Contini: lo stupore e la gioia per questo interessamento sono tali che, come ricorda l’amico Serra, “Pasolini ballò e saltò sotto i portici”. Nello stesso anno vede la luce la rivista “Il Setaccio”, cui lavorano Pasolini e Mauri, che affronta gli argomenti più disparati, dalla letteratura al cinema, dal teatro alla politica.
Le lezioni all’Università sono fonte inesauribile di stimolo intellettuale per il giovane Pasolini: gli lascia il segno in particolare il corso sui “Fatti di Masolini e Masaccio” di Roberto Longhi, che considera un vero maestro, anche per il metodo all’epoca rivoluzionario dello storico, che a lezione mostra diapositive di dettagli e particolari delle opere d’arte. Pasolini chiede a lui la tesi di laurea: ma nel 1943, poco più che ventenne, viene richiamato al fronte, e catturato dai tedeschi. Riesce a scappare dopo l’8 settembre: durante la fuga perde la tesi già abbozzata, e una volta tornato all’Università dopo un periodo di soggiorno a Casarsa decide di cambiare relatore, rivolgendosi al titolare della cattedra di Storia della letteratura Italiana Carlo Calcaterra. Si laurea nel 1945 con una tesi su Giovanni Pascoli. Pochi mesi dopo, l’amato fratello Guido viene ucciso dai partigiani garibaldini che auspicavano l’adesione del Friuli alla Jugoslavia di Tito. Il tempo di Bologna, luogo della formazione intellettuale, dei maestri, dell’amicizia e della poesia, si chiude.
4_PORTICO DELLA MORTE – LIBRERIA NANNI
via de’ Musei, 5
Tra i ricordi dei 7 anni più belli della sua vita, Pasolini cita i pomeriggi da adolescente passati sotto al Portico della Morte, adiacente Piazza Maggiore, luogo che prende il nome dall’ex ospedale della Morte, oggi sede del Museo Civico Archeologico, in cui trovavano conforto i malati gravi e i condannati alla pena capitale. Qui sorge la Libreria Nanni, la più antica di Bologna, fondata nel 1825 dalla famiglia Marchesi e poi rilevata, nel 1928, da Arnaldo Nanni, che ebbe l’idea di collocare nello spazio esterno le caratteristiche bancarelle parigine. Ed è qui, oltre che sui banchi di scuola, che si radica la passione di Pasolini per la letteratura: il Portico della Morte diventa centrale nella sua formazione intellettuale. “È il più bel ricordo di Bologna. Mi ricorda L'Idiota di Dostoevskij, mi ricorda il Macbeth di Shakespeare…
A quindici anni ho cominciato a comprare lì i miei primi libri, ed è stato bellissimo, perché non si legge mai più, in tutta la vita, con la gioia con cui si leggeva allora" scrive in una struggente pagina de I quaderni e ripete ad Enzo Biagi, in un’intervista del 1971. Quello di Pasolini con i libri è un rapporto fisico, come racconta la cugina Graziella Chiarcossi a proposito delle pieghe, degli appunti e delle sottolineature sulle pagine, anche con le unghie quando non ha a portata di mano una penna. Nell’immagine affissa sulla vetrina della Libreria il poeta è ritratto a passeggio per via Rizzoli assieme all’amico Luciano Serra, anch’egli poeta, conosciuto sui banchi del Liceo Galvani, con gli immancabili libri sotto al braccio.
5_PORTICO SERVI
Strada Maggiore, angolo via Guerrazzi
Tra l’aprile e il luglio del 1967 Pasolini gira la sua decima opera cinematografica, Edipo re, in cui realizza il progetto già accarezzato dai tempi di Accattone di soddisfare la sua “ansia autobiografica”: “in Edipo, io racconto la storia del mio complesso di Edipo. Il bambino del prologo sono io, suo padre è mio padre, ufficiale di fanteria, e la madre, una maestra, è mia madre. Racconto la mia vita mitizzata, naturalmente, resa epica dalla leggenda di Edipo”. Girato tra l’Italia e il Marocco, le scene finali del film sono ambientate a Bologna, tra il Portico dei Servi e Piazza Maggiore. Dal tempo del mito, l’ambientazione si sposta nel presente, tra auto parcheggiate attorno al “crescentone” di Piazza Maggiore, passanti, portici e avventori di bar: Franco Citti, Edipo, è un giovane suonatore cieco di flauto, accompagnato nella sua peregrinazione dall’amico Anghelos, interpretato da Ninetto Davoli. La scelta di Bologna come luogo in cui ambientare l’epilogo della tragedia diventa significativa in un film a forte connotazione autobiografica: “La vita finisce dove comincia”, sono le ultime parole pronunciate da Citti/Edipo, a chiusura dell’eterna circolarità del ciclo di nascita e morte, in un ritorno che è insieme fine e inizio. Il film viene presentato in concorso alla 28ma Mostra del Cinema di Venezia.
6_CINETECA DI BOLOGNA
Piazzetta Pasolini
Dopo la tragica morte, nel 1975, di Pier Paolo Pasolini, è Laura Betti, unita a lui da un profondissimo legame, a dedicare ogni sforzo e passione alla memoria dell’amico, “l’uomo della sua vita”. Nasce così a Roma il Fondo Pasolini, l’archivio raccolto da Laura Betti in oltre vent’anni, che nel 2003 l’attrice decide di donare al Comune di Bologna. Il Fondo costituito da numerosi materiali viene trasferito nel 2004, anno della morte della Betti, presso la Cineteca di Bologna, nella nuova struttura di via Azzo Gardino, all’interno della Biblioteca intitolata a Renzo Renzi. Il fratello di Laura, Sergio Trombetti, vuole che accanto ad esso trovi collocazione anche il Fondo Laura Betti, comprendente fotografie, testi e oggetti personali che documentano l'estroso itinerario artistico della grande attrice bolognese. Oggi il Centro Studi – Archivio Pasolini è un centro di documentazione internazionale sull’opera letteraria, cinematografica e teatrale del poeta-regista: sono a disposizione per la consultazione 1500 volumi e una vasta bibliografia critica sull’opera, la vita e la figura di Pasolini, con articoli di giornali quotidiani e periodici, datati dal 1943 all'anno in corso, volumi monografici e miscellanei, una raccolta iconografica di migliaia di fotografie, una sezione audiovisiva che raccoglie registrazioni video e audio e tutti i film di Pasolini in vari formati e diverse edizioni italiane e straniere.
7_STADIO RENATO DALL’ARA
Ingresso via De Coubertin
In una celebre intervista di Enzo Biagi su La Stampa, alla domanda cosa avrebbe voluto diventare se non avesse fatto il regista e lo scrittore, Pasolini risponde “un bravo calciatore”: il calcio è “uno dei grandi piaceri, dopo la letteratura e l’eros”. Un piacere che coltiva fin da ragazzino, rincorrendo il pallone durante gli anni del Liceo ai Prati di Caprara, dove il neonato Bologna Football Club aveva stabilito il proprio campo da gioco dal 1909 alla fine del 1910. E alla squadra della sua città natale rimane legato per tutta la vita, da tifoso appassionato: “Il tifo è una malattia giovanile che dura tutta la vita” scrive nel 1973 su Paese Sera. “Io abitavo a Bologna. Soffrivo allora per questa squadra del cuore, soffro atrocemente anche adesso, sempre”. Il Bologna che aveva conosciuto era quello degli anni Trenta, “lo squadrone che tremare il mondo fa”, quello di Dall’Ara, di Schiavio e di Biavati, verso il quale nutre una vera e propria venerazione: “non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone. Che domeniche allo stadio Comunale!” scrive sul settimanale Tempo alla fine degli anni Sessanta. Un amore così forte, quello per le domeniche allo Stadio di Bologna, da essere celebrato anche in versi, in un sonetto di Roma 1950. Diario: “E io so come sia terso in questo ottobre/il colle di San Luca sopra il mare/di teste che copre il cerchio dello stadio”. Raccontò Franco Citti di averlo visto arrabbiatissimo una sola volta, quando all’Olimpico il Bologna aveva perso 4 a 1 dalla Roma. All’amico Paolo Volponi, vincitore nel 1957 del Premio Viareggio, chiede scherzosamente di tenere da parte un po’ di soldi ricavati per seguire i trionfi del Bologna. Nel 1963 riesce a realizzare il sogno di incontrare i giocatori del Bologna (che nel 1964 vinceranno lo scudetto); sta infatti realizzando il film-inchiesta Comizi d’amore, indagine sul rapporto tra gli italiani e il sesso. Di fronte alle telecamere e alle domande di Pasolini sulle loro abitudini private, i giocatori però mostrano una certa ritrosia: Ezio Pascutti, intimidito, si schermisce, a differenza di Giacomo Bulgarelli che si mostra il più spigliato di tutti, tanto che Pasolini gli propone di interpretare una parte ne I racconti di Canterbury, invito che viene declinato. Bulgarelli resterà un suo idolo, senza diventare compagno di avventure.
8_EX GAM
Piazza della Costituzione, 3
Nel 1975 la Galleria d’Arte Moderna di Bologna fondata nel 1926 si trasferisce dalla sede di Villa delle Rose nel nuovo spazio di Piazza della Costituzione, progettato da Leone Pancaldi, che con i suoi 2.700mq di superficie espositiva può accogliere la collezione di oltre 2mila opere raccolte nel corso degli anni. In occasione dell’inaugurazione Pasolini viene chiamato dall’amico fraterno Fabio Mauri, conosciuto ai tempi dell’Università e nel frattempo diventato un apprezzato artista, per dare vita alla performance Intellettuale, che viene proposta il 31 maggio 1975, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede. Mauri decide di collocare l’azione all’esterno della Galleria, sulle scale esterne. Davanti al portone Pasolini è sistemato su un alto sedile e trasformato in schermo umano: sulla sua camicia bianca viene proiettato Il Vangelo secondo Matteo, suo film del 1964, Leone d’Argento alla 25ma Mostra del Cinema di Venezia, attorno al quale era nato un aspro dibattito e si erano riaccese le mai sopite accuse di vilipendio alla religione. Il sonoro altissimo, sproporzionato rispetto alle piccole dimensioni dello “schermo”, volutamente accresce lo straniamento, sia del pubblico che dello stesso Pasolini, costretto a restare immobile per le oltre due ore del film e a “subire” sul suo corpo, nella volontà di Mauri, gli effetti della sua opera. Il fotografo Antonio Masotti, seduto tra gli spettatori, immortala l’azione in 15 fotografie che diventano iconiche. Pasolini morirà nel novembre dello stesso anno.
9_VILLA ALDINI
DOVE: via dell’Osservanza
A Bologna, nella città in cui nasce, per ironia della sorte Pasolini torna nella primavera del 1975, anno della sua morte, per girare alcune scene di quello che sarà il suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma. La scelta del set ricade sulla maestosa Villa Aldini, sul colle di San Benedetto, la più importante costruzione neoclassica della città, realizzata tra il 1811 e il 1816 dall’architetto Giuseppe Naldi. Leggenda vuole che la Villa sia sorta per il desiderio del giurista Antonio Aldini, protegé di Napoleone, per compiacere l’Imperatore che si era innamorato della bellezza della collina che domina tutta Bologna. La bellezza della costruzione fa da contraltare tragico alla vicenda narrata nel film, che prende a pretesto la cornice narrativa del romanzo di De Sade come metafora della sopraffazione radicale del dominio nazista attraverso la brutalità del potere, della violenza e del sesso. Le scene vengono girate nello spiazzo antistante la Villa, che è il luogo in cui i ragazzi, fatti prigionieri, vengono portati dopo il rastrellamento dai sadici nazifascisti, alle cui torture fisiche e psicologiche saranno sottoposti. La foto che sormonta il cancello d’ingresso alla villa fu scattata da Deborah Beer, fotografa inglese di scena, l’unica ad essere ammessa sul set blindato: le riprese furono infatti realizzate nel più completo mistero, senza che nulla trapelasse.
Il progetto #QUIPASOLINI è stato realizzato grazie alla collaborazione di molti attori della città coinvolti: la Cineteca di Bologna, che ha selezionato e condiviso gli scatti che ci raccontano gli anni bolognesi di Pasolini; l'Università di Bologna, a vario titolo coinvolta nelle celebrazioni pasoliniane; il Comando Regionale Emilia Romagna della Guardia di Finanza attuale utilizzatore dell’immobile di via Borgonuovo 4, già casa natale di Pier Paolo Pasolini; il Liceo Galvani; la Libreria Nanni; Bologna Congressi e Volvo per gli spazi dell'ex GAM.
Le 10 cartoline del progetto #QUIPASOLINI che illustrano il percorso urbano sono reperibili all’URP di Piazza Maggiore, a Bologna Welcome e al Bookshop Cineteca di Piazza Maggiore.