(Ghahreman, Iran/2021) di Ashgar Farhadi (127')
Regia: Asghar Farhadi
Interpreti: Amir Jadidi, Sarina Farhadi, Mohsen Tanabandeh, Fereshteh Sadr Orafaie
Origine e produzione: Iran, Francia / Asghar Farhadi, Alexandre Mallet-Guy, Asghar Farhadi Production,
Memento Films Production, Arte France Cinéma
Durata: 128’
Rahim è in carcere a causa di un debito che non è riuscito a ripagare. Durante un permesso di due giorni, cerca di convincere il suo creditore a ritirare la denuncia in cambio di una parte della somma. Le cose però non vanno come previsto.
- Gran Prix speciale della giuria al festival di Cannes 2021
“Al centro della storia c’è un quarantenne di bell’aspetto (Amir Jadidi) con uno strano sorriso stampato in volto. Uscito con un permesso dal carcere dove è recluso per debiti, Rahim si mette in macchina e raggiunge il monumentale sito archeologico di Shiraz. Dopo aver attraversato un’enorme e assolata spianata, l’uomo imbocca una scala di ferro e inizia a salire lungo un’altissima impalcatura. Arrivato in cima non si ferma e, superato uno stretto passaggio, comincia a scendere fino ad arrivare a una grotta dove trova finalmente il cognato che sta lavorando. Asghadi Farhadi annuncia fin dall’incipit di Ghahreman (Un Héros) quanto la narrazione sarà tormentata e incoerente e quanto faticoso risulterà il percorso del protagonista. […] Ad ogni passaggio le complicazioni si moltiplicano, i soggetti interessati allargano i loro più o meno legittimi interessi e le ambiguità morali si diffondono come un’epidemia. In questa incontrollabile onda montante, Rahim appare sempre più inadeguato e il suo sguardo fissato nello stesso sorriso vuoto cessa di offrire solidi appigli allo spettatore.”
Luca Mosso, “Il Manifesto”
“Nei film di Asghar Farhadi il punto non è la relatività della verità - che la Verità possa non esistere è un dato acquisito - ma la constatazione che torto e ragione non stanno mai da una sola parte. È un cinema morale, più che un cinema etico o filosofico. Rendendo tutto più drammaticamente inafferrabile. In Un eroe il protagonista Rahim pensa di avere fatto la mossa più furba della sua vita quando decide di restituire 17 monete d’oro (trovate chissà come dalla sua fidanzata), anziché venderle a un prezzo più basso di quanto sperato, in modo da ripagare un debito e non tornare in prigione. Ma la menzogna, che gli vale un’effimera fama mediatica, presto non diventa più gestibile. Perché, certo, tanti sono lieti di propagandare una realtà edulcorata per nascondere le magagne: il detenuto onesto distrae dai suicidi in carcere. Ma tutt’intorno cova una tendenza (anche autolesionista) alla delazione, all’invidia e al sospetto, che presto smantella le bugie di Rahim e lo costringe a mettere una serie di pezze dagli effetti sempre più disastrosi. La cosa interessante è che il soggetto di Farhadi potrebbe essere quello di una commedia con Alberto Sordi delle più impietose; solo che al posto di Sordi c’è un attore da cui Farhadi esige un’empatia prossima allo zero, Amir Jadidi. Il suo Rahim, con un sorriso finto e ipocrita stampato sulla faccia, è lieto di fare il fantoccio nelle mani di un sistema ipocrita e bugiardo; mentre il suo antagonista Bahram, il creditore “spietato” e “disumano”, mostra di essere l’unico a voler rispettare la verità. Ma della verità, si è detto, non ce ne facciamo niente: e quindi tutti si dibattono in errori, mezzi torti, mezze ragioni, scivolando sempre più in basso. […] Un eroe è un film coraggioso, nerissimo e anche impegnativo da decifrare, in tutto il suo gioco a rimpiattino nel descrivere una società aberrante. Una società che, tra telecamere di sorveglianza, social, televisioni e cellulari, non è poi molto diversa dalla nostra.”
Alberto Pezzotta, “FilmTV”