(Trading Places, USA/1983) di John Landis (116')
Introduce John Landis
Jeff Katzenberg alla Paramount aveva una sceneggiatura per un film intitolato Black and White in cui dovevano esserci Gene Wilder e Richard Pryor. Lessi la sceneggiatura [poi rinominata Trading Places] e capii subito che era un lavoro molto solido e vecchio stile. Gli autori erano Tim Harris ed Herschel Weingrod. La Paramount […] mi chiese se per Trading Places avrei potuto usare Eddie Murphy. Non lo conoscevo. Guardai alcune registrazioni di Eddie al Saturday Night Live. Ovviamente aveva un gran talento. Andai a New York per conoscerlo e lo trovai fantastico. Quando scelsi Dan Aykroyd come coprotagonista la Paramount non fece i salti di gioia. John [Belushi] era morto e Danny per la sua prima apparizione da solo si era inventato questo film intitolato Doctor Detroit. Era andato male. La Paramount aveva l’impressione che Danny senza John Belushi non fosse una star. Jamie Lee Curtis era considerata una ‘scream queen’. Gli studios non volevano neanche lei […]. Era intelligente, buffa e sexy, e io pensavo che sarebbe stata una grande Ophelia. La splendida prostituta dal cuore d’oro è una tale fantasia maschile, e lei è riuscita a farla funzionare. […] Che cast. Aykroyd è fantastico. Grazie a quel film Eddie è diventato una star immensa, ma ho l’impressione che Danny non abbia mai ricevuto il riconoscimento che meritava. La sua interpretazione è eccellente. È il punto fermo del film. Danny interpreta Winthorpe come una specie di stronzo. E alla fine del film, anche se ha cambiato prospettiva, è lo stesso stronzo che era all’inizio. Ha saputo conservare l’integrità di quell’idiota privilegiato.
John Landis, In the land beyond beyond. A conversation with john landis, in Giulia D’Agnolo Vallan, John Landis, M Press, Milwaukee 2007
A John piace raccontare storie. In questo è quasi compulsivo, guadagnando tanta energia quanta ne dà. Fa venire in mente il ritmo incessante dei vecchi comici del vaudeville, o le buffonate sfarfallanti e accelerate delle comiche dell’era Keystone. La mente di John è sempre dieci passi avanti rispetto alla tua, come spettatore e come amico. È non lineare: un flusso di informazioni e di entusiasmo così contagioso che spesso, dopo una visita a Landis-land, mi ritrovo a stare alzato fino a tardi per rileggere i libri che ha citato o per rivedere momenti di film cui ha accennato. E dato che lui è coinvolgente, lo sono anche le sue commedie. […] I suoi film sono altamente citabili, immensamente divertenti, inarrestabili. Ogni volta che li danno alla Tv mollo tutto per guardarmeli fino alla fine, e molto spesso sento il bisogno di rivederli più e più volte in Dvd. John ha creato almeno una manciata di classici moderni che rappresenteranno per sempre il punto più alto della commedia di quei decenni; Trading Places ritrae con precisione l’avidità del capitale e la generazione yuppie, ma è anche profondamente ispirato a Lubitsch e Capra, e pare richiamare la premessa di Il principe e il povero di Mark Twain. Tutti i film di John sono così […] Le radici di Landis affondano nei classici, ma lui ce ne offre una versione decisamente rock’n’roll.
Guillermo Del Toro, Dying is easy, comedy is hard, in Giulia D’Agnolo Vallan, John Landis, M Press, Milwaukee 2007